27 dicembre 2007

Un anno in più...

Un anno in più, che differenza fa?
potrei dire tanta, potrei dire poca... la verità è che molte cose sono cambiate.

Oggi ho esattamente 21 anni, e mai avrei immaginato di essere così a questa età... quando ero piccola fantasticavo sul fatto che a questa età dovevo essere una donna in carriera, e mille altre cose che non dirò...

Tratto da Il mio demone è SOLITUDINE; continua la lettura…





Commento questo post essenzialmente perché uno vale l'altro. Il blog è spiccatamente intimista, rivolto marcatamente all'interiorità dell'Autrice e al suo innato ottimismo, e lo dimostra già dalla scelta dei colori degni della più antica delle Pompe Funebri (la cui sobrietà è commisurata dalla mancanza delle decorazioni in oro, a mio parere sempre un po' pacchiane). Per quel che mi riguarda, basterebbe quest'analisi frettolosa per allontanarmi seduta stante da quelle pagine in cui l'Autrice riversa — o afferma di riversare — i suoi intimi drammi, le interiori disillusioni, le interne sofferenze: più che una lettura, un'endoscopia.

Insomma, cosa mi ha spinto a scrivere di questo blog? Molto semplice, l'Autrice me l'ha menata. Ed eccomi quindi a navigare in un mare di rimpianti, disillusioni, scialbe — sciape — speranze; speranze in un futuro migliore (e va beh, queste le hanno in molti), speranze di un passato migliore (decisamente più inusuali), speranze di una comprensione da parte del prossimo purtuttavia non ricercata attivamente — almeno, a parer mio; ma questa è una critica che muovo a tanti, troppi forse, miei conoscenti, e che sta quindi perdendo un po' di mordente. Speranze, dicevamo, ma speranze a mio parere finte: quella che mi pare emerga prorompente è una sensazione strana, data dall'osservare gli eventi sotto la lente della predestinazione (periodo confuso, ma non ho voglia di rileggere e riscrivere): predestinazione è però un termine che non rende l'idea che ho in testa, si potrebbe forse parlare di predeterminazione; ogni volta che l'Autrice racconta un evento negativo lo fa col tono di chi dice "ecco, vedete? non era naturale che andasse a finire così?". Irritante, davvero irritante, forse perché rispecchia fedelmente il mio modo di pensare fino a un annetto o due fa — il che, a ben guardare, non va certo a vantaggio dell'Autrice.

Che altro dire… Qua e là emergono brandelli di ritrito buonsenso, e di fatalismo dozzinale. Non entro nel merito del perché l'Autrice sia arrivata a questa forma mentis, alla resa dei conti la conosco troppo poco per esprimere un commento ponderato quindi non emetto critiche o giudizi in merito. Quello che realmente mi intristisce è la mancanza di uno scopo in tutto questo parlare di sé, almeno, di uno scopo chiaro e conclamato: non mi sembra, e spero non, nasca per stimolare il pietismo dei passanti, e se fosse atto a farsi dare ideali pacche sulle spalle… beh, temo siano composte solo da banalità (a tal proposito, vorrei fucilare un anonimo commentatore che, credendo di essere poetico, ha copincollato il testo della canzone di Battiato Prospettiva Nevskj. Lo odio. Ha letto un post in cui si accenna alla neve e ci ha messo la prima citazione sul freddo che gli è venuta in mente. A chiunque interessi capire appieno quella bellissima canzone, segnalo questo argomentato commento).

Non ci piglio il verso. Leggo questo blog solo perché conosco l'Autrice, e mi sembra una forma di rispetto assimilare i concetti che lei crede sia giusto gli altri sappiano. Una forma di rispetto, dicevo, ma se sia per lei o le sue tette… beh, tra i due casi non mi è ancora dato discernere.

17 dicembre 2007

Natale dietro la collina






Tratto da Zabriskie Point; continua la lettura…





Questo è un commento preventivo. Il mai abbastanza lodato Matte ancora non ha partorito (credo) il contenuto del post che a questo punto è tenuto a scrivere. Quale potrà mai essere l'argomento che mi spinge a scrutare con così tanta insistenza tra le brume del tempo che verrà?

Vorrei cantare insieme a voi
in magica armonia (…gica armo…)
auguri Coca Cola e poi
un coro in compagnia (canta insieme…)


Credo in molti la ricordino. Per quanti anni ci ha accompagnato per tutto il tempo delle feste (che ai tempi, voglio ricordarlo, iniziava dopo l'8, e non a fine ottobre come il costume attuale prevede). Matte parlerà di questo, con quell'austera saccenza che tanto appassiona grandi e piccini. Introdurrà lo svolgimento con una breve narrazione dell'antefacto che l'ha portato con le dita sulla tastiera, e si schernirà come suo solito per la scelta dell'argomento, quasi questo rivolgersi alle radici storiche e culturali della nostra società possa in qualche modo abbassare (innalzare?) il livello del suo blog. Tirerà fuori forse qualche critica all'americanismo di allora, magari sottolineerà come l'unico elemento maschile che effettivamente salta all'occhio sia un giocatore di rugby americano. E poi si lancerà nel solito revisionismo emotivo, probabilmente millantando atmosfere di caldo affetto familiare che, oggettivamente, nessuno ricorda.

Accortosi di essersi infilato in un ginepraio senza uscita, il nostro cercherà una facile via di fuga nell'analisi della musica, ritrovando note forse dickensiane, forse lapponi, a seconda di quanta sia la sua disperazione argomentativa in quel momento. A questo punto, finita ogni possibilità di tirare fuori argomenti nuovi per prolungare ulteriormente l'agonia del suo post, tenterà una repentina virata. Addurrà una sua non-volontà a lasciare il lettore con il video dello spot in questione, e con un doppio carpiato esplicativo troverà il modo di passare a qualche altro spot anni '80, probabilmente ricollegandosi ad un suo post di qualche tempo addietro e ricadendo su quello della Elba Innocenti.

È per questo che, contrariamente al solito, il filmato lo metto io. La prevedibile aleatorietà degli interventi del Nostro mi spinge a premunirmi, e sottoporvi questo piccolo brandello di storia — a me tanto caro da spingermi a salvarmelo addirittura sul cellulare, in modo da poterlo infliggere a chiunque durante lo Scambio dei Regali Idioti la vigilia di Natale.



E, detto questo, le solite banalità: buone feste.

3 dicembre 2007

Corsi e ricorsi

È un argomento che mi affascina da sempre, e che trova applicazione negli ambiti più svariati: la ricorsione, il ritorno di un ente a se medesimo con generazione di effetti talvolta bislacchi; mi affascina, e talvolta mi sconcerta anche un po'. Ricordo che il primo incontro tra me e la retroazione avvenne su un libro di Piero e Alberto Angela, "la straordinaria storia dell'uomo", nel mezzo di una spiegazione del come si sia passati dall'intelligenza animale a quella umana (ammesso e non concesso esista una sostanziale differenza tra le due, cosa che non viene certo comprovata dall'osservazione etologica di molti calciatori e/o calciofili in generale). In quell'ambito, i due buontemponi si lanciarono in un simpatico giochetto: elencando in una lista enumerata con lettere 6 possibili cause/effetti dell'aumento dell'intelligenza umana, e sfidando il lettore a metterle in un possibile ordine cronologico, proposero come possibile la sequenza F-E-D-B-A-C — per i meno osservatori, feedback. In seguito lo stesso mi saltò fuori cercando di capire perché casse e microfoni fischiano se avvicinati, per poi chiarirsi definitivamente quando cercai di indagare gli attrattori strani con quella povera bestia di linguaggio di programmazione che era il qbasic.

Era una cosa meravigliosa…prendi un numero, lo mastrussi in qualche maniera e trovi un altro numero; prendi anche questo, lo mastrussi nella stessa maniera e trovi un altro numero, ripetendo questa procedura un tot di volte ed avvicinandoti sempre più ad un numero limite, l'attrattore. E questo indipendentemente dal numero di partenza. Cambi lievissimamente i parametri del mastrussamento e scopri che la sequenza si fissa nella ripetizione di due, tre, N valori. Cambi ancora di un pelo e scoppia il caos, l'ordine scompare, i numeri si susseguono senza alcun senso. Ma stai facendo le stesse cose di prima! Com'è possibile che l'armonia di una frazione infinitesima prima si trasformi in quel rumore bianco?

La ricorsione è la più pratica scorciatoia dell'uomo per arrivare all'infinito: lo riduce in una sequenza breve di passi, lo rende maneggiabile. Mi piace osservarla anche nella gente che mi circonda: qualcuno esprime un'idea secondo il suo (pre)giudizio, chi lo ascolta la commenta, ed il primo la ricommenta secondo gli stessi canoni di prima. Quello che mi lascia perplesso è che, spesso, diversamente che tra i numeri gli esseri umani vedono andare a zero il livello della loro conversazione, specialmente se gli elementi di feedback aumentano di numero; insomma, più gente c'è, maggiori saranno le possibilità di decadere nel luogo comune, o nel reciproco disinteresse: in entrambi i casi, il flusso di concetti scende a zero.

Tratto da Belinde's Tales; continua la lettura…





Troviamo in queste righe un Belinde al suo splendore divulgativo, il che ci denota quanto voli basso il suo talento; prende un argomento di sicuro disinteresse e vi ricama sopra voli pindarici su argomenti di altrettanto grande disinteresse. La citazione semi aneddotica di un libro di Piero Angela è misura della conoscenza marginale degli argomenti trattati, ma l'Autore la sfoggia con la sicumera di un'aragosta cui hanno detto che in cucina la maionese è finita. Il lettore inizia la sua avventura nel testo con la serena convinzione che l'Autore abbia un qualche filo logico da seguire; forse ne era convinto l'Autore stesso, ma ben presto ogni speranza di rinvenire una qualche consequenzialità viene disattesa. Il rapido excursus matematico è solo una breve parentesi prima di quegli argomenti che tanto cari stanno all'Autore, ovvero quelli di psicosociologia spicciola in cui può espettorare tutto il suo disprezzo per chi — come del resto è norma nella razza umana — riesce ad instaurare una forma di comunicazioni con altri esseri viventi. Non adduce prove, nè rigorosi ragionamenti logici, si limita ad enumerare una serie di suoi cliché mentali, non evitando di inserire anche sprazzi di consolidata misantropia.

L'Autore, col suo stile saccente e superiore, pare volerci dire "poveri imbecilli, voi che tentate di capire la mia aulica prosa inconsci della vostra incapacità"; punto di vista questo che potrebbe anche essere apprezzabile, se fosse esposto da qualcun altro. Bisogna tuttavia riconoscere un pregio, in questo tutto sommato inutile post: l'oggetto stesso della discussione, la ricorsione. È un argomento che mi affascina da sempre, e che trova applicazione negli ambiti più svariati…

20 novembre 2007

donne

in quel periodo cominciai a pensare che fumavo troppe canne a ogni ora del giorno. e la specificità della canna mi rincoglioniva completamente. Non ero praticamente mai lucido veramente, mi trovavo in un confine fatto di reazioni esagitate un continuo susseguirsi di crisi di panico nei momenti concitati, e un caldo e rilassante lungo sonno in tutto il resto del tempo. Cioè mentre vivevo.

Tratto da Ravinsky - Racconti di salmastro; continua la lettura…





I mesi di astinenza dalla scrittura mi hanno dato la carica, ed eccomi di nuovo a pigiar tasti sulla tastiera; con una differenza sostanziale rispetto al solito: non sto buttando giù belinate per quei tre cristi che mi stressano per farmi scrivere qui sopra, ma direttamente per l'Autore. È una sorta di lettera aperta, in cui ho intenzione di elencare una serie di miei ragionamenti; ragionamenti che, per altro, ho già esposto a voce ad un sacco di persone… a molti, ma non all'interessato: questo è il motivo per cui mi sento legittimato a scriverne qua sopra, ma nel caso desse fastidio sono pronto a cancellare il post, come del resto ho già fatto in passato.

Non ho mai letto il blog di Ravinsky sino ad oggi; cioè, ne lessi alcuni stralci ormai molti mesi fa, oserei dire una vita fa, quando ancora aveva un'impostazione più marcatamente letteraria. Almeno, credo sia così: sono riuscito a leggere soltanto gli ultimi due post, prima di farmi prendere dalla tristezza e cominciare a buttare giù queste righe.

Vi ricordate il mio sfogo sugli Afterhours di due giorni fa? Ecco, con questo potrei anche chiudere il discorso. Il mondo dipinto da Ravinsky usa gli Afterhours come colonna sonora, e trasuda un… come chiamarlo… un liquame condensato di mancanza di forza di volontà. E lo dico con la morte nel cuore, per quanto possa valere. Gli eventi, in quel luogo, accadono, piovono dall'alto, e come pioggia si adagiano sui coprotagonisti della storia. Sono tutti coprotagonisti, tutti! Un mondo dai tratti onirici, dove le persone tracciano la rotta della loro vita per puro moto browniano, e dove ogni anelito di volontà viene usato giusto per soffiare via uno smarrone dai pantaloni.

Ravinsky non lo capisco più. Ci fu un tempo in cui ero convinto che tra i due, il disadattato fossi io. Avevo grossi problemi a rapportarmi con le persone — non che ora siano scomparsi, i problemi… sono solo contenuti — e l'amicizia con Ravinsky mi ha migliorato sotto molti aspetti, molti dei quali credo siano rimasti inosservati a lui stesso; e ha tutta la mia gratitudine, per questo. Siamo stati — fummo — in confidenza, fino ad un paio di anni fa, oggi non più. Non riesco ad andare oltre al buongiorno e buonasera; perché questo? Brutto dirlo… non riesco più a stimarlo. Non per le sue scelte, no! Per le sue non-scelte. Perché non gli vedo più il coraggio di prendere una decisione, specialmente quelle radicali, quelle che secondo me potrebbero portarlo verso una vita che gli piaccia vivere. Se io, in una situazione di pesante stress percepito, ho avuto il coraggio di dare una svolta radicale alla mia vita ed i miei progetti per il futuro (una scelta che per altro mi ha devastato finanziariamente, e che solo ultimamente promette un ritorno a quelli che avevo preso a considerare standard), perché lui non può? Perché si crogiola in questo stato di (cito letteralmente) "fallimento come progetto umano"? Perché non ci prova nemmeno, a riscriversi il suo progetto umano?

Questo discorso è stato affrontato più e più volte con un sacco di amici che abbiamo in comune, e tutte le volte lo si è concluso con un'alzata di spalle, e con me che ripetevo "non so cosa fare, per aiutarlo, perché mi pare che la sua sia una precisa scelta di vita, e non approvandola me ne disinteresso". Ma alla lunga non ci riesco. Ti stiamo — ti stai — lasciando indietro, Ravinsky, e più che guardarti con rattristata curiosità non so che fare.

Brutto post, questo. Probabilmente verrà pure misinterpretato, se non (speriamo di no) odiato. Le lettere aperte sono sempre un po' una buffonata, e io per primo non le ho mai capite, eppure questa volta mi è parsa adeguata; credo che i 4 o 5 lettori di questa pagina siano già tutti al corrente del mio pensiero, e mi pare sia grosso modo accettato e condiviso da tutti. Per questo scrivo qua: credo di non sbagliarmi, Ravinsky, affermando che questo post non l'ha scritto Belinde, ma è un coro; forse piccolo, ma è un coro.

19 novembre 2007

Hai paura del buio?

Ascolto insolitamente gli After. Ho trovato qualcosa di nuovo, in quelle che ho sempre reputato "nenie ossessive". Ci ho trovato la mia paura, un po' della mia paura, meglio. Ci vedo e sento l nero, solo il nero, solo il buio, dannzione. quel buio in cui ti riduci ad un coniglietto bianco, tenero e indifeso, del tutto inerme e in balia del prossimo.

Tratto da THE PARADISE CITY; continua la lettura…





Si potrà pensare che ultimamente (ultimamente? ben strana concezione del tempo devo avere, visti i 5 mesi passati dall'ultimo mio post) mi limiti a leggere solo il blog della Vale; nulla di più falso, semplicemente negli ultimi mesi le mie fonti si sono o prosciugate, o piegate a risvolti intimisti che non ho nessuna voglia di esplorare, o mantenuti su ottimi livelli di banalità (talune volte per precipua scelta dell'Autore, ricordiamolo!).
Cosa mi ha spinto a tornare una volta di più al succitato blog? Di sicuro non l'incipit sugli Afterhours: ero, sono e rimarrò convinto siano degli incompetenti musicali, e aspetto con ansia di sapere i loro corpi sbranati da cani ed augelli, e i loro spiriti divorati da qualche oscura entità metafisica in stile lovecraftiano, e il loro ricordo disperso nelle sabbie del Tempo. Se lo meritano. Ma torniamo al dunque… Nella loro incapacità a creare una melodia degna di tal nome, gli Afterhours in effetti, come giustamente coglie la nostra Autrice, trasmettono (non esprimono, ma trasmettono) un senso di ansia e piccolezza dai connotati fortemente negativi; qui troviamo un altro dei motivi per cui non li sopporto, come non sopporto buona parte del panorama musicale rock o simil-rock italiano, ovvero la totale mancanza di volontà. Volontà di migliorarsi, di provare a migliorare chi ci circonda, di tentar di migliorare il mondo, di fare, di tentare. Un costante e continuo calar le braghe dinnanzi al fato avverso, un pratico arrendersi ad un cosiddetto disagio insanabile: con tutto il rispetto alla categoria (molte delle persone di mia conoscenza meritevoli di maggiore stima sono omosessuali), un comportamento da bulicci.
E cosa può venire fuori dall'incontro tra questo modo crepuscolare di affrontare la vita, ed un sistema più marcatamente volitivo come quello che caratterizza la cosiddetta "violenza": "violento", dal latino violentum, derivato da Vis, robur, ovverosia forza; un esternare la propria potenza a danno o detrimento di chi ci circonda. A cosa ci può portare questa allegra scampagnata alle radici della nostra lingua? a nulla. Proprio nulla. La violenza, a mio modesto parere, è insita nel concetto stesso di vita, e con questo possiamo cadere nel consueto vortice di banalità: mangio per non essere mangiato, mors tua vita mæa, la legge della jungla, bla bla bla. Cazzate, per dirla con un francesismo mai desueto. L'esistenza stessa in quanto ente materiale implica una serie di effetti sull'ambiente circostante che si possono tranquillamente etichettare come violenza, più o meno inconscia. Pensiamo ai fermenti lattici, poveri cristi…



L'immagine qui sopra è su gentile quanto inconscia concessione di Eriadan. Chiarafalce, per chi non lo sapesse, è la Morte.
Torniamo al nostro discorso. Credo che i problemi riscontrati dalla nostra Autrice, e torniamo alle consuete banalità, siano dovuti proprio alla non accettazione di questo fatto: la vita è una continua prevaricazione dei desideri di qualcun altro. Che poi ci sia gente che attua la sua volontà mediante delle metodiche opinabili, beh, questo è tutt'altro problema, e va affrontato con l'ausilio delle forze di pubblica sicurezza, beninteso, qualora reperibili! Ma (e qui ci ricolleghiamo agli Afterhours) la situazione precipita se alla violenza altrui non ho da contrapporle un'adeguata forza di volontà mia, e la forza di volontà la posso esercitare solo mediante piccole e continue affermazioni della stessa: se sono abituato a chinare il capo di fronte ad ogni avversità, piangendo i difetti di una società che pare odiarmi, ben difficilmente riuscirò ad uscire indenne da un incontro con qualcuno che mi vuole infilare la testa nella tazza del water, metaforicamente o realmente che sia; certo, nel secondo caso la dialettica non mi aiuterà molto, ma senz'altro mi permetterà di uscire dalla disavventura sano di mente e non sull'orlo di una crisi di nervi. Con questo non voglio assolutamente fare richiami all'esperienza dell'Autrice, sto parlando in termini completamente generici.

Tutto questo per dire cosa? Nulla, come i più arguti avranno già capito. Solo una cosa mi sento di affermare con decisione: dall'ascolto degli Afterhours non può venire nulla di buono.

2 giugno 2007

epistola sulla gioventù (II parte)

correggo: errante per l'Asia caffè.
http://015722962.badoo.com/ questo è quello che ho rintracciato su badoo, come esempio sommo del degrado a cui siamo giunti nel corso degli anni. non me ne voglia il signore in questione.
degrado! de-gra-do!

Tratto da THE PARADISE CITY; continua la lettura…





Ritroviamo la nostra moralista preferita dopo una pausa di ben due mesi; vi ricordate? l'avevamo lasciata in solitudine sulla cima di una collina, abbandonata dai suoi proseliti nel momento in cui si resero conto di dover affidare le proprie speranze di salvezza ai Bee Hive (per chi se ne fosse dimenticato… ecco il post). Dopo essere rimasta un poco, sbigottita dalla defezione, in attesa di nuovi discepoli, la nostra si è rassegnata e si è diretta verso la civiltà. E che civiltà!
In cerca di giovinetti da poter plasmare come morbida argilla a sua immagine e somiglianza, ha trovato una miniera inesauribile di soggetti improbabili, bislacchi o semplicemente tristi in Badoo (ehi, ma ci sono anch'io!). E da allora la sua vita è più serena, ravvivata com'è da incontri che credeva possibili solo nelle strisce di Cattivik — brivido terrore raccapriccio. Tuttavia, questi reietti digitali le servono solo da antipasto (ma avrei preferito dire "aperitivo") per un ben più corposo pranzo: l'allegra biosfera che si instaura all'Asia Cafè in un qualsiasi momento della giornata.

È in questo ambiente che la nostra si muove con maggiore libertà, è qui che può tessere la sua tela onde irretire le giovani generazioni. Fingendo il freddo distacco di una prozia per il nipote della nuora, lascia aleggiare sugli sprovveduti pulzelli tutto il suo rancore nei confronti della società, e approfitta della sua autorità per traviarli e distruggerne il già malridotto ego. Nel suo piano diabolico, mirato sicuramente a creare una schiera infinita di automi decerebrati ai suoi ordini, dispensa alcolici e nomignoli a persone che, invece, andrebbero aiutate (ah, Patella, Patella, ma quante te ne sta facendo passare, questa deprecabile rovinafamiglie?). E poi, non paga, assieme alle sue comari analizza, sparla e seziona le sue vittime alle loro spalle, trasformandoli nell'oggetto dello scherno comune…

Insomma, avete finalmente capito con chi abbiamo realmente a che fare: con, come è stata giustamente definita dal Predicatore, il vile mezzuccio del Dimonio per traviare definitivamente un'umanità già allo sbando. Guardatevi da questa persona, rifuggite il suo costume da hippie inoffensiva… al di sotto di esso, si cela — al di sotto anche della panciera, al di sotto dei lividi delle punture di Muscoril®, che con l'inizio della stagione degli allenamenti torneranno presto a costellarle l'intera superficie corporea — un cuore nero, malvagio, che sicuramente porterà la vostra anima alla perdizione…

22 maggio 2007

ANGELI CADUTI

21 maggio 2007 - interno, notte
Come sempre l'ispirazione per scrivere arriva nella notte, quando ti sporgi dalla finestra per sentire il vento della sera sul viso, quando del casino della folla non c'è più traccia.
Allora prendi il taccuino e la penna prima che i fiori che stanno sbocciando in te appassiscano…

Tratto da Blood Red Rose; continua la lettura…





Come i migliori osservatori avranno senz'altro notato, questo blog ne viene da un lungo periodo di silenzio, dovuto a tutta una serie di fattori tra cui la pigrizia fa la parte del leone. Tuttavia oggi — finalmente, oserei dire — il blog della Vy mi ha fatto pensare; il "finalmente" non è dato dalla qualità dei post ma dagli argomenti trattati, che non incontravano il mio interesse, ma questa volta alcuni dei concetti espressi li ho scoperti intersecati a miei pensieri degli ultimi giorni.

Ammetto che le prime righe non mi hanno ispirato molta fiducia, perchè quell'accenno ai pensieri notturni, alla solitudine, al prendere il taccuino, e i fiori… temevo un "attacco poetico", lo ammetto, e sinceramente non me la sentivo di proseguire: aborro la poesia se non per talune — pochissime, invero — opere di Montale o Ungaretti, e darei fuoco a chiunque esponga versi sciolti in pubblico (rispetto qualsiasi perversione, a patto sia vissuta privatamente). Con il terzo paragrafo la voglia di proseguire non è cambiata; l'odore di saggezza vissuta mi sembrava decisamente eccessivo, e già mi predisponevo ad una fugace lettura con la coda dell'occhio, "in altre faccende affaccendato", e quel "forse stiamo solo crescendo" sembrava confermare le mie illazioni: certo che state crescendo, come tutti, in qualsiasi età. Ma abbandoniamo questo tono da vecchietto petulante…

Una frase isolata: "Ed io? Beh... rimango coerente con me stessa."

È stato un lampo. Non tutti conoscono la canzone "Le bourgeois" di Jacques Brel, ma alcuni suoi versi mi sono risuonati in testa con insistenza:

Jojo se prenait pour Voltaire
Et Pierre pour Casanova
Et moi, moi qui étais le plus fier
Moi, moi je me prenais pour moi


La canzone, bellissima e di cui consiglio un attento ascolto, è stata liberamente tradotta da Giorgio Gaber col titolo "I borghesi", ma sarebbe più corretto dire che "I borghesi" è stata ispirata da "Le bourgeois"; tratta di tre amici, che da giovani si trovavano sempre ad una certa locanda per schernire gli avventori dell'antistante cafè, esponenti dell'alta borghesia cittadina: misteriosamente però, crescendo, senza soluzione di continuità si trovano a stupirsi della maleducazione dei ragazzini che frequentano la locanda antistante il loro cafè preferito. Amo le canzoni di Brel, e questo collegamento, seppur lieve, ha calamitato la mia attenzione. Forse, per quel post, non tutte le speranze erano perdute.

L'argomento cambia ancora, e parte un excursus su una branca dell'Impressionismo: le opere a sfondo sociale di Manet e Degas. Non sono un esperto di pittura, e nemmeno un appassionato, ma bene o male il libro d'arte me lo sono sfogliato non fosse che per passarmi il tempo nelle ore di italiano, e "L'Assenzio" di Degas mi ha sempre affascinato. Tuttavia non avevo mai approfondito la cosa, nè mi ero soffermato molto sull'altro figuro sulla destra della protagonista e sulla sua insita bruttezza, tantomeno avevo fatto collegamenti coi poeti maledetti (vi ho mai parlato dei miei raporti con la poesia?). Insomma, parafrasando, ho visto, e ho visto sempre, solo una puttana che beve assenzio. Non avevo mai pensato alla moralità dei protagonisti di quei quadri, e avevo dedicato alle loro vite la stessa curiosità che dedico ai passanti (non "alle belle passanti" di deandreiana memoria… tra poco tutto sarà chiaro), ovvero nessuna. Questo mi ha spinto a non emettere un parere sul loro stato, a non riflettere sul loro orgoglio di essere in quello stato: per questo motivo, l'accenno da parte di Vy ad una redenzione mi ha colto impreparato. Redenzione? E da cosa? Da un essere come essi stessi si sono resi, certo sotto le spinte dell'ambiente, ma comunque per propria libera scelta? E qual è il peccato, se non l'aver esercitato il proprio diritto di dare alla propria vita una qualsivoglia direzione? Ha senso parlare di redenzione, quando lo stesso peccato è così difficile da definire? Il male, se di male si può parlare, non si irradia verso chi circonda queste prostitute, ma rimane contenuto in esse stesse: sono loro, e loro soltanto, l'universo in cui il male — il Male che genera i Fiori — prospera; e se non deborda verso gli altri, che senso ha parlare di male, e quindi redenzione? Una redenzione col fuoco, poi…

La morale, che buffa cosa. È stato a questo punto, che i pensieri dei giorni scorsi si sono fatti avanti. Per lavoro ho impaginato l'opera ultima di Bruno Lauzi, "Tanto domani mi sveglio", e qui vi avevo trovato un pensiero illuminante, o meglio un punto di vista, riguardo De' Andrè e i protagonisti delle sue canzoni. Fabrizio (la confidenza data da tanti anni di ascolto delle sue cassette mi permette di chiamarlo per nome) si appoggiò molto all'opera di Brel, ma le sue tematiche si discostavano molto spesso da quelle del cantautore belga; il genovese aveva una passione per i personaggi negativi della società: li troviamo in "Bocca di rosa", nel "Pescatore", nel "Delitto di paese", in "Jeordie"… e tutti hanno un tratto comune: sono andati contro i dictat della società, sono stati puniti dalla stessa, ma agli occhi del cantautore per questo motivo sono puri. Loro non hanno bisogno di redenzione, perchè la loro stessa vita è stata redenzione dal peccato di vivere. Un punto di vista, ovviamente, opinabile, poichè si basa sul presupposto che la società sia errata in ogni sua qualità, e che gli intoccabili, i fellahin, siano tali sempre e solo a causa della sopraffazione da parte dei ricchi e potenti.

Alla resa dei conti, molti dei personaggi di De' Andrè potrebbero essere ritratti da un Degas a caso, e sulla tela starebbero bene tanto quanto lo sono stati sul pentagramma. Ma la loro impostazione sarebbe molto diversa, perchè se Degas ha dipinto un lato decadente dela sua società, De' Andrè lo ha esaltato, erigendolo ad esempio per la morale.

Mi rendo conto di non aver parlato, alla fine, del blog della Vy, ma credo che questo possa da lei venire considerato un successo, poichè finalmente è riuscita — almeno con me — a far pensare il lettore: e questa è una cosa che una cronaca di fatti o pensieri, o il semplice testo di una canzone, difficilmente potrà fare. Sì, lo ammetto, scrivere questo intervento mi è piaciuto.

25 aprile 2007

UNA PICCOLA CREPA....E IL GHIACCIO CHE SI SPACCA IN MILLE PEZZI....

Amici che parlano....e io che intanto con la mente sono a mille miglia di distanza, io che penso a discorsi fatti anni fa con la mia migliore amica...oddio...adesso non posso negarlo a me stessa. Quella piccola crepa nel ghiaccio di qualche settimana fa sta squarciando la mia corazza di gelo...non ci posso credere...

Tratto da Blood Red Rose; continua la lettura...





Il corpo di questo intervento è stato rimosso su esplicita richiesta dell'Autrice.

3 aprile 2007

cercasi moduli...

eccomi pronta a proporvi l'ennesimo bla bla bla, seguito alla notizia che finalmente qualcuno pagherà le mie prestazioni (non si parla del campo sessuale, come, immagino, amichetti, avrete ovviamente pensato)...
ebbene. rientrata la disarticolazione della mascella procuratami con uno sbadiglio, aggiornerò velocemente le mie nugae...

Tratto da the paradise city; continua la lettura...




Ho scelto questo post perchè, nonostante sia considerevolmente sottotono rispetto a taluni grandiosi interventi che l'Autrice ci ha donato in passato (lascio al lettore l'imporbo compito di isolarli nel mare di variegata rumenta che compone il suo blog), contiene tutti gli elementi che siamo stati abituati a subire nelle opere letterarie — almeno quelle pubbliche — della Vale. Il tono è, come al solito, velato da una sottile ma consistente patina di superiorità: è evidente che il lettore viene visto come un noioso e petulante bambinetto, meritorio di un briciolo di attenzione solo in virtù del silenzio che si riceverà di scotto. La sfera personale è appena accennata, e serve solo da giustificazione per quello che segue: chi, infatti, abbia a pagarle queste non definite prestazioni rimane avvolto nel mistero, infittito ulteriormente dalle dichiarazioni finali che andranno a negare ogni possibilità di lavoro attuabile e accessibile dalla scellerata Autrice.

Il tono di superiorità e di conseguente disprezzo si fa sempr più forte: l'accenno al suo ennesimo problema articolare non fa che da introduzione per una carambolante dichiarazione d'intenti; l'etichettare il suo blog nugæ è infatti solo un modo per sbattere in faccia al lettore tutta la sua cultura umanistica (e immagino che pochi avranno, come il sottoscritto, cercato il significato della parola, per incappare in dotte citazioni degli Epigrammi di Marziale), per poi nascondersi dietro un velo di falsa modestia data dall'apologia della modestia stessa. La doppiezza verbale di questa donna è sconcertante.

Finalmente però l'Autrice scende al livello dell'umile lettore, e si degna, nella sua infinita bontà, di esplicare il suo pensiero alle folle adoranti frattanto riunitesi, e si compiace della loro gratitudine per aver scelto un argomento a loro accessibile: il Verbo si è rivelato, e si è incarnato... nei Bee Hive.

Sgomento tra le folle.

Ebbene sì, il fulcro, il nocciolo, la segreta anima di questo intervento va cercata in Kiss me Licia. È questa l'illuminazione che l'Autrice porta al suo popolo! La redenzione delle anime mediante abluzioni nei Bee Hive.

Le folle alzano le spalle e si dirigono verso casa, lasciando l'Autrice sola, sulla cima della collina.

Il seguito del post è solo un rantolante tentativo di riacquisire l'attenzione, ma l'argomento "lavoro" manca del necessario afflato epico, e il richiamo al Machiavelli richiama l'attenzione di solo alcune anziane signore del Circolo del Bridge, confuse dall'assonanza con un noto gioco di carte. E poi, come un canarino colpito da una racchetta da pelota, l'ultima frase, ultima speranza di riottenere considerazione, una incomprensibile frase in inglese, buttata lì auspicando qualcuno si interroghi se sia una citazione o una dichiarazione... ma ormai è troppo tardi, e l'eco si disperde nella solitudine della vallata ormai solatìa.

2 aprile 2007

E' ora di mettere i puntini sulle "i"

Allora. Data la mia natura permalosa, mi sono stufata di sentire commenti sulla mia presunta "femminilità pari a quella di uno scaricatore di porto".
Essa fa parte del mio carattere come le manie di grandezza e l'egocentrismo quindi che vi vada bene o no, me ne importa ben poco. Sono solamente stufa di sentire commenti vari, fatti magari in modo ironico...

Tratto da CaMpUs; continua la lettura...




Eccoci di fronte ad un vero e proprio sfogo: una ragazza (nonostante tutto continua a definirsi tale) che, a dispetto della sua dichiarata sicurezza, decide di spiegarci i perchè e i percome del suo essere. Ad una prima lettura il nesso tra causa ed effetto ("voi mi sfottete" implica "vi racconto come mai sono cresciuta così"? e perchè mai?) non risulta molto chiaro... ad una seconda lettura, nemmeno. Ad una terza lettura si stabilisce che questo nesso probabilmente non è così importante, quindi ci si può abbandonare a qualsivoglia illazione. Una possibilità che ho preso in considerazione per giustificare questo post è che non sia stato scritto dalla firmataria, ma da un qualche suo parente, probabilmente la madre la quale, estenuata dai fallimentari tentativi di rendere la figlia un briciolo più dabbene, ha pensato di giustificarsi in questo modo di fronte al mondo. "Ecco", sembra dire, "vedete come è sempre stata? Io ho fatto quello che ho potuto, ma non è bastato...".

Concediamoci un minuto di raccoglimento in onore dell'improba opera di quella donna.

Fatto? Bene. Continuando nella lettura attraversiamo una serie di esperienze comuni tra i bambini, finchè non ci imbattiamo in una frase isolata, dopo un nostalgico accenno ad Holly e Benji: "e quello si che era un bel cartone". Qui emerge quel lato del carattere dell'autrice che si nutre di assoluti: quel cartone è bello e punto, non c'è possibilità di appello, e tacitamente afferma anche il basso livello raggiunto dalla cartocinematografia moderna per ragazzi. Il richiamo ai deliri di onnipotenza sviluppati nel suo altro blog è chiaro... Questo accenno ai lati oscuri del suo carattere modifica radicalmente il tono del prosieguo post, che si fa sempre più rabbioso e colmo di acredine, al punto di sbattere in faccia al lettore abitudini del tutto innocenti, se non addirittura encomiabili, quasi fossero elementi di disprezzo.

Il lettore, giunto a questo punto, se ne sta. Viene a scoprire che l'Autrice non è come lui, e che comunque lui è un po' una merda. Il lettore ci rimane anche un po' male, si sente quasi in colpa, manco fosse stato lui la causa scatenante. Il lettore passa un paio di minuti cercando di capire che tipo di contatti abbia avuto con l'Autrice, e poi, giustamente, il lettore se ne fotte e torna a cercare quel video di Pamela Anderson e Tommy Lee di cui gli avevano parlato in ufficio. Il lettore passerà una serena nottata a prescindere dal malcelato odio che l'Autrice prova verso qualsiasi forma di vita proteica. L'Autrice, frattanto, inizierà a guadagnarsi da vivere grazie alle numerose offerte di posti di lavoro come camallo al porto di Voltri, iniziate a fioccare dopo la pubblicazione del post.

1 aprile 2007

... a scuola di punk - lesson nr 2 - Origini e filosofia.

A grande richiesta dopo la lesson nr 1 mi trovo costretto in forte anticipo sulla mia tabella di marcia a parlare delle radici del punk a voi poveri mentecatti ...
... il fenomeno nasce in Inghilt ... sbagliato! a sorpresa la culla del punk sono gli Stati Uniti d'America (non era impossibile arrivarci, basti sapere che i Ramones si formarono nel 1974, e certo non furono i primi...). Il grosso handicap del punk americano...

Tratto da Zabriskie Point; continua la lettura...




Mi sembra il minimo, per inaugurare questo blog, partire da chi della mia pulsione a scrivere in pubblico è stato il principale (nonché unico) fautore. In questo suo post, secondo di una probabilmente lunga serie che in molti temono si svilupperà in futuro, possiamo osservare il miglior Matte, quello che racchiude in sè gli elementi contrastanti della multiforme cultura punk e la precisa organizzazione di un assicuratore dell'alta borghesia sestrese. È raro, infatti, trovare qualcuno in grado di passare con tanta facilità e leggerezza dalla storiografia moderna, all'analisi musicale, alle note stilistiche, ai cenni filosofici... ma questa plasticità non dev'essere motivo di vanto. Notiamo infatti che gli argomenti esposti sono sviluppati ad un livello puramente nozionistico, quasi lo scheletro del post fosse stato pianificato con l'aiuto di Google Sets usando le voci "punk culture".

Non mi è molto piaciuto... la lettura dell'intervento non mi ha dato nulla che non mi potesse fornire una veloce lettura di Wikipedia delle pagine sull'argomento; ma in effetti il post è più importante per capire Matte che non il punk. Abbiamo una persona la cui sterminata ed eclettica cultura (ah, quante pagine di "Spigolature" e "Forse non tutti sanno che..." avrà letto, sulla Settimana Enigmistica?) spesso soverchia le sue reali facoltà intellettive, portandolo a trovare sinergie tra gli argomenti più improbabili... significativo esempio è il passaggio riguardo gli aspetti niciani del punk e Rapallo: ringraziamo il commento della sua più fanatica lettrice per aver spinto l'Autore ad esplicarsi.

Poi questo continuo richiamare e richiamarsi ad un movimento ormai spento (non morto, spento)... quasi cercando nell'immobilità di una cultura ormai cristallizzata rassicurazioni contro un mondo altrettanto spento purtuttavia in movimento. Indicativo è anche l'attaccamento ad una cultura sostanzialmente costruita a tavolino, in modo da adeguarsi alle (e placare le) normali pulsioni di una popolazione giovanile. Insomma, alla luce di queste osservazioni possiamo stabilire che, alla fine, un Matte punkettaro è comunque bello da vedere, specialmente vestito dei panni del mentore di nuove generazioni. Speriamo che la sua opera di rieducazione abbia successo: non tanto per il perpetuare della cultura punk, che alla resa dei conti disprezzo anche un po', quanto per la possibilità che da al suo lettori di osservare la propria cultura sotto un'ottica differente.